Una soluzione a norma di legge per impedire la costruzione di centrali a biomasse



La soluzione a norma di legge per impedire la costruzione di centrali termoelettriche (biomasse incluse) esiste ed è stata praticata in altre città. La offriamo al Sindaci coraggiosi su un piatto d'argento.

Le Centrali Termoelettriche (anche quelle a biomassa!) sono classificate INDUSTRIE INSALUBRI di prima classe (dannose per la salute pubblica) che devono essere localizzate lontano dalle abitazioni (D.M. 05/09/94, elenco di cui all’art. 216 del Testo unico delle leggi sanitarie n.1265/34.). La costruzione di un impianto a biomassa implica necessariamente un peggioramento della qualità dell’aria, in contrasto quindi con la normativa europea sul “Mantenimento o miglioramento della qualità dell’aria” (Decreto Legislativo 155/2010 – 2008/50/CE). Il Sindaco per legge ha il dovere di disporre un Regolamento di Igiene del Comune, (art. 216 e 217 del R.D. 27 luglio 1934 n.1265) e per legge ha la possibilità e la responsabilità di rivedere e aggiornare il Regolamento di Igiene e Sanità pubblica per disciplinare la distanza delle industrie Insalubri dalle abitazioni e dai centri abitati e può inibirne la costruzione nell'ambito del suo comune richiamando, per esempio, il principio di precauzione, presente nel nostro ordinamento e in quello comunitario. In caso sia necessaria una conferenza dei servizi e vada acquisito il nulla osta di altre autoritá, il parere negativo del Sindaco prevale su tutti.

Ad affermarlo sono una serie di sentenze amministrative la più famosa delle quali è Tar Lazio sezione Latina sentenza n.819 del 2009. In presenza di studi scientifici che dimostrano l’esistenza di gravi rischi per la salute derivanti dalle emissioni dell’impianto e dal rischio di inquinamento microbiologico, nonché dall’analisi del possibile “effetto cumulativo”, il Sindaco è chiamato ad adottare in via precauzionale ogni possibile iniziativa di tutela, in ossequio all’omonimo principio di derivazione comunitaria, recepito espressamente nel nostro ordinamento al vertice nella gerarchia delle fonti, quale parametro di costituzionalità (“il principio di precauzione in tema di tutela della salute umana e dell’ambiente assurge addirittura a parametro di costituzionalità delle disposizioni di legge ordinaria mercé l’inclusione dello stesso nell’ambito dell’art. 191 del Trattato Ce e in considerazione della previsione di cui al primo comma dell’art. 117 della Costituzione”; v. così, ex multis, Consiglio di Stato, 12 gennaio 2011 n. 98). Con riferimento in particolare alla tutela della salute, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto – in ossequio al principio di precauzione – l’esistenza di un vero e proprio “obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente e, se si pone come complementare al principio di prevenzione, si caratterizza anche per una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche previste, una tutela dunque che non impone un monitoraggio dell’attività a farsi al fine di prevenire i danni, ma esige di verificare preventivamente che l’attività non danneggia l’uomo o l’ambiente. Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 304 del 2005 nonché, da ultimo, TRGA Trentino-Alto Adige, TN, 8 luglio 2010 n.171) e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano (Corte di Giustizia CE, 26.11.2002 T132; sentenza 14 luglio 1998, causa C- 248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme; Cons. Stato, VI, 5.12.2002,n.6657; T.A.R. Lombardia, Brescia, 11.4.2005, n.304.); v. così’ Tar Campania, Napoli, Sez. V – 14 luglio 2011, n. 3825. La presa di posizione da parte del Sindaco nei predetti termini può essere peraltro assunta non solo in caso di vicinanza di abitazioni, scuole, asili al sito del proposto impianto, ma anche nel caso in cui l’impianto sia in aperta campagna e il digestato però venga sparso fino alle porte del paese. Ecco la soluzione.
Ma i sindaci calabresi lo adotteranno veramente? O prevarranno altri interessi sulla salute della gente? Saremo ben felici se seguiránno la strada che abbiamo indicato.

NB. Con la sentenza nr. 03565/2017 pubblicata ieri, il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi proposti dalla "Vitale Sud" contro le due sentenze del Tar Calabria che avevano confermato la legittimità del diniego all’autorizzazione per la realizzazione di altrettanti impianti a biomasse a Lamezia Terme (CZ) precisamente nella zona di via del Progresso.

Fonte: Lamezia 5 Stelle

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