Il PAN per l'utilizzo dei fitofarmaci si rivela una scatola vuota ai danni dei coltivatori italiani

Il Piano di azione nazionale che regola l’uso dei fitofarmaci in agricoltura non smette di far emergere criticità. Noi deputati del MoVimento 5 Stelle della Commissione Agricoltura avevamo già interrogato il Ministro Martina, senza ottenere ancora risposta, sulle irrorazioni aeree in deroga alla normativa e sui tecnici costretti a seguire corsi e superare esami ogni 5 anni per poter fornire consulenza sui trattamenti fitosanitari (nonostante l’aver conseguito una laurea in agraria), ad affiorare ora sono nuovi dubbi. Sotto la nostra lente c'è il raggiungimento degli obiettivi principali di tutto il Piano d’azione. La direttiva europea (2009/128/CE), dalla quale seguono a cascata sia il D.lgs. di recepimento 150/2012 sia il Pan, all’art. 4 decretava che ogni Stato membro avrebbe dovuto adottare il Pan per definire i propri obiettivi quantitativi, le misure e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e sull’ambiente.
Obiettivi, misure e tempi certi che, però, nel nostro Pan mancano. A balzare all’occhio sono, invece, le dichiarazioni del funzionario del Mipaaf, il dottor Cacopardi, il quale, nella sua relazione durante il convegno dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, ha posto l’accento sui 18 decreti attuativi che dovranno seguire il Pan. C’è da chiedersi cosa disciplini allora il Piano d’azione se necessita di ben 18 decreti attuativi per entrare davvero in funzione. Altri Stati membri come Spagna, Belgio e Danimarca hanno recepito molto più velocemente le direttive. E, ancora una volta, l’Italia si dimostra non virtuosa!
L’altro aspetto critico riguarda l’assenza nel Piano d’azione di un sistema sanzionatorio che renda di fatto efficace tutto l’impianto. Come, ad esempio, sulla difesa integrata dove gli obblighi a carico delle aziende agricole sono ridotti al minimo: in caso di controllo è sufficiente poter mostrare di avere accesso alle previsioni meteo, ai bollettini territoriali di difesa integrata, ai materiali informativi sulla difesa integrata. E non vi è alcuna sanzione nel caso ciò non sia dimostrato dagli agricoltori.
Ma non è finita. Sull’attuazione delle misure di tutela dell’ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile poi, l’Italia aveva già ricevuto i richiami dalla Commissione europea, nella riunione bilaterale del settembre 2013, per non aver precisato le misure da attuare in campo agricolo. Ebbene anche su questo aspetto, con il Pan si è preferito glissare e rimandare al solito decreto attuativo. Nonostante già nel TUA (Testo Unico Ambiente) si fosse stabilito che le Regioni avrebbero dovuto individuare, sempre ai fini della tutela delle acque, le cosiddette aree vulnerabili da prodotti fitosanitari. Ad oggi non risulta siano state individuate, tranne nel Veneto ed in Piemonte. Quindi, a mancare non sono solo le misure di salvaguardia ma anche le zone da tutelare. In conclusione il Pan sembra gravemente carente in diverse parti nonché troppo rinunciatario nella definizione degli obiettivi, dei tempi certi e, fattore ancor più grave, nella definizione di un apparato sanzionatorio che lo renda operativo. Un piano che rischia anche l’impugnazione della stessa Commissione europea, viste le lacune. L’auspicio del MoVomento 5 Stelle è che il Governo decida di rivisitare il testo perché, in alternativa, contribuirebbe solamente ad aumentare la pressione burocratica ai danni degli agricoltori e senza restituire, in cambio, gli obiettivi principali della Direttiva europea.

Commenti